
Questo romanzo, come tutti i romanzi riusciti, vive e prospera facendoci aspettare. L’arte di fare aspettare deve conoscere a menadito le esigenze di noi lettori, la nostra curiosità, l’impazienza, la voglia infantile che la storia non finisca più e la fretta di arrivare alla fine.
Mauro Rancan conosce i trucchi. Lentezza e frenesia sono dosate alla perfezione, da abile, astuto sceneggiatore. Infatti questo romanzo sembra la sceneggiatura di un film, un treno fantastico nel quale ogni vagone è un capitolo: trenta vagoni che ci passano davanti, lentamente, come al cinema. Mentre questo treno procede verso la meta, adagio, facendoci aspettare – eh dai! – dai finestrini dei vagoni si vedono cose pazze, deliranti, un correre di qua e di là, con incontri a sorpresa tra marines degli USA, servizi segreti, gente di Lugano, nazisti nostalgici e lui, in persona, il Cancelliere del Reich!
Una colossale presa in giro della guerra, personaggi che non riescono a essere persone, burattini e burattinai, che urlano ordini, che battono i tacchi.
Piano piano si comincia a capire quale sia la meta di questo convoglio pazzesco: il bar La Cantabruna, Via del Campo, Genova. Tutti si troveranno lì e il motivo lo scoprirà il lettore, ma noi stiamo per sospettare qualcosa: il film, condotto con le astuzie della più avanzata modernità, sta diventando una fiaba, con personaggi che potremmo definire nostrani, di cuore, un po’ falliti, capaci di farsi sorprendere, di credere ai miracoli...
Mentre i cattivi del film ci fanno ridere con le loro battute cretine, questi del Cantabruna, buoni e un po’ derelitti, ci fanno entusiasmare, ci obbligano a fare il tifo per loro, per questo luogo di città che è come un paese, con l’umanità antica, un invito per tutti i paesani: che se ne accorgano!
Angelo Lumelli

«Leggendo le prime pagine della Bibbia, alla luce della candela nella sua cella o sotto l’ombra di un pruno, Bat aveva scoperto quanto asociale fosse l’essere umano: finché era da solo, nessun problema; in due sono cominciati i furti e si sono fatti cacciare dall’Eden; arrivati a quattro c’è stato il primo omicidio. Meglio starsene per i fatti propri.»

